La spiaggia di cava dell’isola, sita in Forio, rappresenta senza alcun dubbio, una delle spiagge più caratteristiche dell’isola d’Ischia. I due promontori di roccia tufacea ricoperti da una folta vegetazione che la racchiudono, donano alla spiaggia un aspetto selvaggio e naturalistico unico nel suo genere nascondendo gran parte dell’edificato situato a monte. Nessuno potrebbe mai immaginare che la folta vegetazione e l’intero costone, nascondo un’opera di stabilizzazione a base di cemento che ha interessato in passato.
La zona è fortemente influenzata da instabilità dovuta al materiale di cui è costituito il costone ( depositi di debris avalanche,i blocchi biancastri sono siltiti fossilifere, blocchi verdi sono correlabili alle brecce di base dei tufi di Frassitelli) e numerose sono le frane che si sono verificate negli anni.
In particolare in data 24 dicembre 1993, come accaduto anche recentemente nel dicembre del 2015 e novembre 2019, in seguito ad intense precipitazioni meteoriche e a contemporanee sensibili condizioni meteomarine, lungo la falesia di Cava dell’Isola, si innescò una frana che interessò anche parte delle strutture sovrastanti il costone appartenenti a privati.

A seguito di quell’evento, il privato proprietario delle strutture sovrastati, si fece carico della messa in sicurezza e stabilizzazione del costone franato. L’intervento che ad oggi non mostra alcuna traccia ed ha conservato il carattere “selvaggio” di una tra le spiagge libere più caratteristica dell’Isola d’Ischia, è una perfetta opera ingegneristica di stabilizzazione di un versante di elevata altezza. Il Costone che ad oggi si presenta piantumato con un profilo che si integra perfettamente con l’ambiente circostante, lascia intravedere traccia dell’intervento esclusivamente alla base dove vennero posizionati gabbioni di pietre a protezione dall’azione erosiva del mare. La frana interessò un gran volume di terreno modificando totalmente il profilo del versante, le opere di stabilizzazione sono state eseguite tramite la messa in opera di strati alternati di terra additivata con boiacca e iniezioni fino a 7 m di profondità di una miscela di cemento e calce.

La stabilizzazione delle terre con calce o cemento fa parte di una tradizione, operativa nel campo delle costruzioni stradali, attivata agli inizi degli anni 60 a seguito delle esperienze americane, e ha rappresentato negli anni novanta una tecnica molto efficace per il consolidamento dei versanti. Un progetto di consolidamento ben realizzato ad impatto quasi nullo, curato nei minimi dettagli sia dal punto di vista ingegneristico che paesaggistico con imposizioni dettagliate dettate dalla soprintendenza sia in merito al profilo che doveva rispettare la configurazione iniziale che in merito alla piantumazione da adottare a seguito del ripristino. Il consolidamento strutturale oltre alla realizzazione di gradoni di terreno consolidato fino a raggiungere caratteristiche meccaniche simili al tufo, prevedeva la realizzazione di una protezione all’azione erosiva del mare ai piedi del versante costituita da gabbioni di rete riempiti di massi, per il dimensionamento altre alle verifiche di stabilità relative alle opere di contenimento è stato effettuato anche il calcolo dell’altezza massima dell’onda che avrebbe potuto infrangersi contro la barriera, per quanto concerne la regimentazione delle acque di falda un’opera di drenaggio consentiva alle acque di defluire fino al piede del costone.

Un’opera di certo ben congeniata ad impatto visivo quasi nullo che per circa 30 anni ha ben lavorato e garantito le prestazioni per le quali è stata progettata. Nei paragrafi successivi un estratto del progetto depositato a firma dell’Ing. Pietro Vaino ed il supporto del Geom. Francesco Trofa.

IL PROGETTO

In considerazione della rilevante bellezza del sito e del vincolo di tutela ambientale, cui è naturalmente sottoposto, nell’elaborare le varie prescrizioni di progetto è stato osservato un criterio generale scrupolosamente conservativo non tralasciando comunque l’attuazione di tutte quelle condizioni di sicurezza abitativa per la piccola comunità residente immediatamente a monte della frana. In conformità anche a delle precise direttive impartite dagli enti pubblici coinvolti nel processo al presente intervento tecnico, in particolare la soprintendenza BB.AA. di Napoli, sono stati seguiti i seguenti indirizzi:

  • Ripristino della morfologia del versante quanto più possibile conforme alla situazione precedente, con supporto documentale mediante ricerca bibliografica cartografica e fotografica;
  • Realizzazione di una barriera di protezione contro l’azione erosiva del moto ondoso mediante delle gabbionate di rete metallica riempite di pietrame grosso con sezione corrente tale da evitare il sormonto da parte dell’onda di smorzamento più alta prevedibile con ragionevole tempo di ritorno;
  • Formazione di un “nucleo” di terreno stabilizzato con buone caratteristiche meccaniche con funzione di fondazione per la ricostruenda pendice e di sostegno/contrasto per il “terrazzo” naturale di monte;
  • Realizzazione di una trincea drenante in corrispondenza dell’orizzonte delle sopravvenienze idriche (polle sorgive), come una sorta di collettore a mezza costa (alla quota di 7.0/8.0 m.s.m.m.) con quattro cinque dreni di scarico trasversali inclinati verso valle;
  • Ricostruzione definitiva del pendio secondo le sezioni di progetto conformi alla situazione preesistente con terreno naturale opportunamente addensato per costipazione meccanica;
  • Trattamento totale delle superfici a vista della pendice, compresa la barriera podale anti erosiva, con piantumazione di essenze arboree/arbustive in perfetto accordo con i valori botanici tipici dell’ambiente ischitano e del sito in particolare;
  • Ricostruzione dei manufatti (terrazze) travolti dalle frane.

AZIONE METEO MARINA

Per il dimensionamento più corretto dell’altezza della barriera di sottoscarpa da realizzare con assemblaggio di gabbionate, era indispensabile effettuare una previsione dell’onda massima che potesse raggiungere il piede della scarpa; quindi prima la previsione della massima altezza d’onda al largo e successivamente la valutazione dello smorzamento per perdita di energia nel frangimento in acqua basse e nello scivolamento sull’arenile.

Onda massima di largo

Per la previsione delle caratteristiche dell’onda di largo si è ritenuto ben attendibile e collaudato un metodo cosiddetto semi-empirico noto come S.M.B. (dagli autori Sverdrup Munk, Bretschneider) o anche “dell’onda significativa” Questo metodo si avvale di un complesso diagramma di correlazione delle varie grandezze fisiche che caratterizzano il problema, esso è basato su di una formulazione teorica temperata dell’introduzione di costanti e coefficienti determinati sperimentalmente.

Per “entrare” nel diagramma occorre determinare:

  • Il settore di traversìa principale affetto dai venti dominanti, ossia dotati delle massime velocità, nel nostro caso SW-W
  • Le massime velocità di vento, nel nostro caso intorno ai 38/40 nodi
  • La massima lunghezza di “Fetch” o mare libero nel settore di traversìa principale, nel nostro caso intorno alle 180/200 miglia marine (costa Est della Sardegna).

Con i dati d’ingresso così determinati si ottengono i seguenti valori di previsione relativi all’onda cosiddetta “significativa”, cioè quella di altezza pari alla media fra le onde che superino di un terzo tutte le altre onde presenti nell’insieme del terreno d’onda, in buona sostanza quella di interesse tecnico per ogni progettazione marittima:

H = 20 piedi ossia circa 6.0 m (altezza d’onda significativa)
T = 11.5 sec (periodo significativo)
T= 14 h (durata del vento per sviluppare complessivamente l’onda)

Di seguito il diagramma del Metodo S.M.B.

Onda sull’ostacolo

Lo smorzamento dovuto ai dispendi di energia nell’approssimarsi dell’onda alla riva provocano una riduzione dell’altezza d’onda che in accordo con alcuni Autori può schematizzarsi:

db = 2.0 m Profondità media nella zona dei frangenti
Hb = 4.0 m Altezza d’onda m. nella zona dei frangenti
C = (g x 2.0)0.5 = 4.5 m/sec Celerità di propagazione dell’onda
hc = 0.7 x Hb = 2.8 m Alt. Delle creste frangenti sul medio del mare
Χ1 = 20.0 m Distanza della barriera dal bagnasciuga
Χ2 = 80.0 m Distanza limite teorica dell’onda dal bagnasciuga
V’ = C x (1-X1/X2) = 3.4 m /sec (celerità alla barriera di sottoscarpa)
H’ = hc x (1-X1/X2) = 2.1 m (altezza d’onda alla barriera di sottoscarpa)

Cui corrispondono i valori di pressione statica e dinamica:

Ps = γ x H’ = 1029 x 2.1 = 2161 Kg/mq
Pd = γ x V’2/2/g= 1029 x 3.42/2/9.81= 606 Kg/mq

RIPRISTINO, CONSOLIDAMENTO E INSERIMENTO AMBIENTALE

Barriera anti erosiva al piede

Viene realizzata con gabbionate per un’altezza utile dal piano di posa dalle fondazioni di circa 5.3m alla quota 0.00 m.s.m.m.); la base è costituita da un gabbione a “materasso” di spessore di 30 cm e larghezza 6.0 m che produce, in caso di erosione dell’arenile fino al medio mare, un ‘efficace azione di smorzamento e protezione anti-scalzamento della barriera con adattamento alla variazione di profilo della spiaggia.

Per la barriera si assumono le seguenti dimensioni della sezione trasversale:

B=3.0 m (larghezza alla base)
B’=1.0 m (larghezza del coronamento)
H =5.0 m (altezza del materasso d’appoggio)
H’ =3.0 m circa (altezza complessiva fuori quota attuale d’arenile)

Quest’ultima dimensione in accordo con quanto emerso dall’analisi di cui al punto precedente. Infine, per quanto riguarda le consuete verifiche di stabilità della barriera, si osserva che tutto il masso di terreno retrostante fino alla quota di coronamento viene trattato con additivante cementizio per ottenere una cospicua stabilizzazione del nucleo; tale trattamento serve a conferire a terreno una caratteristica di compattezza e resistenza meccanica prossime a quelle di un tufo naturale per cui ne risulta una roccia poco o niente spingente; purtuttavia, per completezza d’analisi, si ritiene utile effettuare il calcolo anche considerando il terreno nell’ipotesi che abbia caratteristiche “normali” con le relative verifiche tipiche di un ‘opera di sostegno.

Occorre precisare che il progettista ha riferito di aver avuto la necessità di modificare il programma operativo di progetto, al momento di realizzare lo splateamento con mezzi meccanici nella zona di accumulo del materiale franato; infatti, appena iniziato a rimuovere il materiale terroso sul fronte di accumulo, ha iniziato a mobilitarsi il masso retrostante con il rischio molto elevato di innesco di una ulteriore frana con svuotamento e arretramento del ciglio superiore verso i manufatti che si intendeva proteggere. Interrotte tempestivamente le operazioni di sistemazione del terreno franato, si è cercata una modalità operativa diversa che non prevedesse lo spostamento del masso di terra che, evidentemente, costituiva un elemento di stabilità per il costone, nella configurazione che si era venuta a determinare con lo smottamento.

La soluzione prospettata, ossia la stabilizzazione del masso di terra con impiego della tecnologia del jetgrouting, è stata verificata come fattibile sia in relazione anche alle disagevoli condizioni logistiche sia dal punto di vista dei costi ed è stata avviata alla realizzazione in tempi brevissimi. Sul masso di terra opportunamente preparato si è posizionata una macchina di iniezione ad altissima pressione che, previa messa a punto della pressione di iniezione e delle proporzioni della miscela cementizia iniettata, ha consolidato in modo efficace e duraturo tutto il prisma di terreno costituente la fondazione delle costruende gabbionate, dotandolo di una resistenza superiore a quella prevista in progetto, rispetto alla forte azione erosiva dei  maggiori  cimenti meteomarini, come ine effetti è stato successivamente verificato negli anni.

In questo caso, una variante estemporanea al progetto, ininfluente dal punto di vista ambientale e imposta da concrete problematiche operative di cantiere, si è dimostrata un elemento fortemente caratterizzante il comportamento strutturale dell’intervento e un deciso  fattore di incremento della resistenza e durabilità dell’opera.

Nucleo di terreno consolidato

A tergo della barriera di piede anti erosiva e fino alla sua quota di coronamento si realizza un masso di terreno stabilizzato con legante cementizio; si utilizza lo stesso materiale detritico esistente in zona con l’aggiunta di cemento in percentuale variabile dal 5 al 10% mescolando opportunamente e distribuendo la miscela in starti di spessore non maggiore di 20/25 cm da addensare mediante compattazione meccanica con impiego esclusivo di rulli statici; con la verifica preliminare della percentuale ottimale di cemento da impiegare si dovrà ottenere una sorta di roccia artificiale paragonabile ad un tufo tenero con resistenza a compressione a 7 gg. Compresa fra i 20 e i 30 kg/cmq.

Il piano di imposta del banco verrà scelto e rettificato fra la quota 0.00 e la quota +2.00 m.s.m.m..

Il terreno utilizzato per la stabilizzazione è stato quello esistente in sito. Per la costruzione della porzione basale del versante, da quota 0 m + 3, + 4 s.l.m, è stato opportuno integrare il terreno naturale con inerte trachitico locale in modo da rendere il terreno più resistente all’azione erosiva delle onde marine. Il cemento utilizzato per la stabilizzazione è di tipo solfato resistente (pozzolanico o d’altoforno). Stabilita la miscela che permette di ottenere i parametri stabiliti nel progetto, i procedimenti di stabilizzazione sono articolati in diverse fasi.

Il mescolamento in sito prevede l’impiego di macchine distinte per l’esecuzione delle varie operazioni che dovranno essere svolte secondo l’ordine:

  • Sul terreno in sito una volta gradonato sarà steso uniformemente lo strato di cemento, secondo il dosaggio stabilito, mediante idonea spanditrice oppure mediante stendimento manuale;
  • A tempi serrati verrà operato il mescolamento del cemento steso con il terreno da trattare mediante macchine specifiche (pulvimixer, erpici a dischi o simili) fino alla profondità prefissata (circa 15-20 cm);
  • Al termine delle operazioni di miscelazione saranno accertate con rapidità l’umidità del terreno per consentire l’eventuale aggiunta di acqua, a cui seguirà un accurato rimescolamento dello strato;
  • Si procederà quindi al costipamento con macchine idonee (rulli statici, rulli gommati) ad esclusione di quelle vibranti, da scegliere in relazione alla natura del terreno trattato, in modo da ottenere la densità massima possibile rispetto a quella accertata in laboratorio con la prova Proctor. La scelta del grado si addensamento da adottare sarà fissata in funzione delle caratteristiche di resistenza fissate in progetto. Per il basamento la densità in sito non dovrà essere inferiore al 95% con resistenza a compressione a 7gg. Non inferiore a 30 Kg/cm2; per il terrapieno la denistà non dovrà essere inferiore all’80-85%, con resistenza a compressione non inferiore a 15 Kg/cm2

Opere di drenaggio

Di fondamentale importanza è la trincea-collettore di drenaggio da disporre a mezzo costa in modo da recepire completamente la portata d’acqua proveniente da monte attraverso lo strato di minima permeabilità riscontrabile lungo l’intero fronte alla quota di 7.0/8.0 m.s.m.m.

Per conferire la massima efficacia e adattabilità plano-altimetrica al dispositivo, si realizza la trincea preparando un apposito letto-cunetta sulla superficie superiore dello strato di terreno stabilizzato proprio a ridosso della fescia delle polle sorgive e leggermente sottoposto ad essa; si impermeabilizza tale letto con robusti fogli di polietilene o cloruro di polivinile calandrato e di dispone al disopra una fila di gabbioni avvolti completamente da un telo di geotessile con funzione separante-filtrante.

Per lo scarico verso valle dell’acqua raccolta si realizzano quattro o cinque “tubi” drenanti disposti perpendicolarmente alla trincea, collegati idraulicamente ad essa ed inclinati verso valle con un boccaforo in corrispondenza della parte di coronamento della barriera anteriore e percolando attraverso di essa raggiunge nella maniera più naturale la falda basale; inoltre si ritiene che possa esserci anche un benefico effetto di mantenere alimentate costantemente di umidità le piante disposte sul paramento anteriore della barriera.

Pendice

La pendice vera e propria viene ricostruita disponendo del terreno con le stesse caratteristiche di quello usato per il nucleo basale e con modalità di stratificazione e compattazione del tutto simili allo scopo di ottenere un idoneo grado di addensamento; il materiale viene utilizzato senza alcuna additivazione con sostanze leganti allo scopo di potervi piantumare e far attecchire il manto vegetale esterno facente parte integrante del progetto.

Le sezioni sono leggermente variabili da punto a punto lungo lo sviluppo della ricostrunda pendice ma sono progettate per mantenersi aderenti alla configurazione precedente al sinistro e per raccordarsi naturalmente alle pareti laterali non affette da crollo; la pendenza della scarpa è variabile da 1/1.5 al massimo di 1/1; nella mezzeria del pendio corre a mezza costa una banchina di transizione di larghezza circa 1.20 m necessita per motivi di sicurezza di manutenzione.

Manto vegetale

Un aspetto di primaria importanza è la previsione in progetto di realizzare un manto vegetale completo sull’intera superficie di paramento della pendice. Si prevede l’utilizzo di essenze già sufficientemente sviluppate per ottenere immediatamente un effetto verde ed il massimo beneficio ai fini della percezione visiva e dell’inserimento ambientale.

Allo scopo di progettare adeguatamente il manto a verde e scegliere quelle entità botaniche che compenserebbero tutti i requisiti di:

  • omogeneità con le preesistenze
  • capacità di ripetizione e protezione del terreno
  • rapido ed efficace attecchimento
  • adattabilità alle caratteristiche microclimatiche del sito
  • adattabilità alle caratteristiche del terreno di ricostruzione del pendio
  • resistenza all’atmosfera marina

Si osserva, infine, che per ottenere l’effetto a verde sul paramento anteriore della barriera di piede si utilizzerà la tecnica ben collaudata delle tasche di terreno vegetale con teli di geotessile di ritenzione e filtraggio in corrispondenza degli spigoli antero-superiori dei gabbioni fronte mare.

Opere Accessorie

L’intervento di ripristino e consolidamento del versante franato così come precedentemente descritto è necessario e sufficiente a dotare la pendice di stabilità e protezione con un grado si sicurezza accettabile; tuttavia si ritiene che sarebbe utile, data la rilevanza ambientale del sito e l’interesse pubblico legato alla comunità dei residenti, attivare le competenti Autorità Pubbliche al fine di migliorare drasticamente il grado di protezione e la stabilità dell’intero versante con la esecuzione di:

  • uno studio del regime idrodinamico attinente al paraggio di Cava dell’Isola che consenta una precisa definizione delle opere di cui appresso
  • un’opera di protezione del litorale nel tratto in questione che risulta storicamente più esposto all’azione erosiva e distruttiva delle forti mareggiate; potrebbe in prima approssimazione indicarsi come idonea a tale finalità una scogliera o frangiflutto semisommerso (di nessun impatto ambientale) disposto a circa 30/40 metri dalla battigia e lungo all’incirca 60/70 metri, che attuerebbe efficacemente una drastica azione di smorzamento dell’energia dei marosi impedendo l’approccio al piede del versante di onde potenzialmente distruttive.
  • Gabbionate di protezione al piede dell’intero costone in ampliamento della zona trattata nel presente progetto allo scopo di prevenire in futuro il verificarsi di analoghi eventi disastrosi; in questo campo la prevenzione dovrebbe costituire una finalità perseguita scrupolosamente dalla P.A.

CONCLUSIONI

Di sicuro il progetto descritto rappresenta un’opera ingegneristica di tutto rispetto, curata nei minimi particolari che riguarda i diversi aspetti e problematiche del costone della spiaggi di cava dell’Isola. L’ ingegnosa soluzione adottata ha un impatto quasi nullo nel rispetto della conformazione naturale del costone, ad oggi pare aver dato i suoi frutti, visti i continui smottamenti verificati negli ultimi anni nelle zone limitrofe non interessate dall’opera. Sicuramente rappresenta un esempio lampante di come l’uomo è riuscito a realizzare un’opera strutturalmente sicura con impiego di una elevata quantità di cemento con impatto nullo dal punto di vista paesaggistico. L’utilizzo infatti di jet grouting (iniezione nel terreno di una miscela cementizia ad alta pressione fino a 600 atmosfere attraverso piccoli ugelli al fine di consolidare i terreni di fondazione)  e boiacca di cemento ha permesso di consolidare il costone conferendo al terreno proprietà meccaniche simili a quelle del tufo, una roccia artificiale insomma protetta anche dall’azione erosiva del mare per mezzo di gabbionate piene di massi. Preziose le imposizioni della soprintendenza in merito a materiali, vegetazione e conformazione del versante, opera ad oggi difficilmente riconoscibile perché rispettosa di un contesto naturalistico e selvaggio, un esempio di come l’uomo sia in grado di realizzare opere capaci di rendere sicuro il territorio preservandone la bellezza.

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