con la collaborazione del dott. Ambrogio Iacono ambrogio@ischia.it


Utilizzate storicamente per la coltivazione in aeree montuose, presenti sul tutto il territorio ischitano, hanno la funzione di sorreggere con la sola forza peso il carico del terreno di monte creando a valle artificialmente delle zone piane. Con il termine parracina, si intende il muro costruito a secco, senza cioè l’utilizzo di alcun tipo di legante, a sostegno del terreno. Spesso venivano costruite in parallelo, a differenti altezze come una sorta di scalino, a realizzare i cosiddetti terrazzamenti che permettevano la coltivazione della vite anche in territori montuosi. Sono costruzioni diffuse in tutta Italia che prendono tipicità e caratteristiche differenti da regione a regione, con il solo fattore accomunante di essere realizzate a secco, infatti il termine “parracina“, utilizzato principalmente in territorio campano, deriva dal greco “parakeimai” in italiano “stare accanto“. Di rapida realizzazione permettono un efficace protezione da frane e acqua e vento garantendo il normale deflusso delle piogge tra gli spazi tra una pietra e l’altra, in alcuni casi venivano anche realizzate per definire i confini tra le proprietà per costruire cantine cisterne e case.

LA TECNICA COSTRUTTIVA LOCALE

La tecnica di costruzione delle parracine consiste nel sostenere, con muri in pietra a secco (senza legante) la spinta del terreno di monte per la realizzazione di ripiani gradonati, il comportamento monolitico sarà garantito dalla particolare accortezza messa nelle fasi di ingranamento delle pietre poste per costruire il muro. La parracina presenta differenti tipologie e tessiture in relazione alla particolare pietra utilizzata per la realizzazione, si distinguono in particolare parracine ad unico paramento e a doppio paramento. La pietra più diffusa è certamente il tufo verde Ischitano, pietra con caratteristiche meccaniche molto simili al tufo giallo ma più fragile, come vedremo esistono sull’isola anche tipologie di pietra differenti rispetto al tufo verde ma sono molto meno diffuse.
La tecnica costruttiva, nel rispetto della tradizione ischitana, prevede il reperimento in loco (spesso per mezzo di scavi nel terreno) di pietre, di diversa dimensione e forma, e la posa in opera di pietre in controspinta nella parte retrostante. Il pietrame recuperato verrà utilizzato per fare le fondazioni, a profondità non inferiore a 50 cm. Tutta la “facciavista”, come tradizione e buon uso in leggera pendenza, è fatta con le pietre più belle, mentre il pietrame di minor pregio è posto in contrafforte (murillo) nella parte posteriore del muro con una inclinazione simile. Le parti vacanti tra muro e “murillo” vengono riempite con piccolo pietrame, mentre la parte retrostante il murillo riempito man mano che si ha l’elevazione con il terreno fino al livello di terra. Le altre pietre recuperate verranno utilizzate per migliorare il drenaggio nella parte retrostante il muro.
Le pietre più grandi, di più facile gestione, vengono usualmente posizionate nella parte bassa del muro, le dimensioni media delle pietre utilizzate va man mano riducendosi con l’altezza del muro. Tutte le pietre, sia quelle del murillo che della facciavista devo essere disposte con il lato più lungo verso il terrapieno, in modo da creare una sorta di ingranamento meccanico tra muro e terreno. La corretta tecnica realizzativa prevede il posizionamento degli elementi lapidei in maniera tale da avere la stabilità di volta in volta del singolo elemento, la bravura del realizzatore è quella di trovare la pietra giusta che riesca ad incastrarsi nello spazio tra le pietre. Il corretto posizionamento delle pietre permette alla struttura di avere una stabilità maggiore e evita il generarsi di forze interne che potrebbero amplificare la spinta del terreno. Qualora non sia possibile posizionare la pietra in maniera stabile, il realizzatore può eliminare eventuali sporgenze e modellare la pietra affinché l’incastro sia perfetto, oppure può interporre tra gli spazi delle pietre delle scaglie di pietra piccola atte a migliorare la stabilità dell’elemento. Le pietre devono essere posizionate in maniera tale da avere il maggior numero di punti di contatto tra di loro, in modo da avere una superficie di contatto maggiore con forze attrattive maggiori che ne permettono una maggiore stabilità, qualora ciò non fosse possibile l’inserimento a forza di cunei di dimensione minore permette di recuperare la superficie di contatto necessaria a rendere la pietra stabile e di conseguenza il muro. Questa particolare disposizione delle pietre deve essere ovviamente effettuata anche per murillo e riempimento in maniera da creare un elemento che abbia il più possibile un comportamento monolitico.

Dove :

  • b rappresenta lo spessore della testa del muro
  • B la larghezza del piano di fondazione de muro
  • H l’altezza
  • i l’inclinazione o scarpa
  • h’ la profondità della ciabatta
  • B1 la larghezza del paramento murario o facciavista
  • B2 la larghezza del riempimento
  • B3 la larghezza del murillo

Le fasi realizzative prevedono la messa in opera di filari orizzontali di pietre, i vari strati orizzontali vengono messi in opera partendo dalle fondazioni fino a raggiungere la testa del muro. Questo modo di procedere deve interessare sia il murillo che la facciavista che vengono montati insieme parallelamente posti ad una certa distanza l’uno dall’altro, l’intercapedine viene riempita con pietre di più piccola pezzatura avendo cura di non oltrepassare in altezza il filo del paramento esterno di ogni stato. L’altezza di ogni filare, in genere dipende dalla dimensione delle pietre della facciavista, la tecnica prevede l’utilizzo di pietre di medesimo spessore per la realizzazione della facciavista in modo da garantire un unico spessore per il paramento che viene costruito con una leggera pendenza (circa 10 °) verso monte.
Massima cura sarà quella di creare gli alveoli e gli interstizi naturali di scolo delle acque attraverso le pietre sovrapposte. Altra accortezza sarà quella di riportare il terreno in piano al fine di garantire la massima superficie di assorbimento che è la miglior tecnica di regimentazione delle acque in presenza di terreni sciolti come quelli aziendali che sono molto assorbenti.
La parte superiore della parracina viene elevata fuori terra in maniera tale da creare una protezione dal vento alle coltivazioni del terrazzamento, questa era la soluzione adottata dai contadini “ricchi” cioè che potevano reperire molte pietre ed era chiamata in dialetto “centra e parracin”. Gli altri contadini utilizzavano soluzioni di protezione del vento molto più economiche, in dialetto venivano chiamate le “marrasche” e consistevano in fascine di tralci di vite “pennicielli” legati ad un telaio in legno in genere di castagno.

LE PIETRE

Isola di origine vulcanica, nata per effetto dell’eruzione del monte Epomeo, la cui composizione stratigrafica, e quindi la geologia, è estremamente differente tra i due lati dell’isola, troviamo sul versante est, presenza di lava trachitica ben consolidata, mentre sul versante ovest troviamo depositi di terreni mischiati a tufi, A seconda della posizione geografica quindi venivano utilizzate le pietre che erano in loco reperibili.
La trachite vulcanica è una pietra di colere grigiastro tenace con molti cristallini di riacolite e qualche lamina di mica, pietra molto dura utilizzatissima per adorno stradale.
L’ultima eruzione avvenuta su Ischia è la colata di lava dell’Arso, nel 1302. Intorno al punto di emissione della colata, collocato nei pressi di Fiaiano, si è formato l’anello di scorie Le Cremate.
Tufo di colore verde, non ossidabile, conferitogli dalla presenza di minutissimi aghetti di un minerale appartenete al gruppo delle glauconiti, ha caratteristiche meccaniche molto simili al tufo giallo napoletano. Il Tufo Verde deve la sua colorazione alla probabile permanenza al di sotto del livello del mare è fino a circa 28.000 anni fa, epoca cui viene datata l’emersione dell’intero blocco che ha formato il rilievo di Monte Epomeo. I depositi di Tufo Verde esterni alla caldera si sono formati in ambiente sub-aereo e, a differenza di quelli che formano il Monte Epomeo, consistono in materiali sciolti, con molta matrice cineritica e grosse pomici e con un colore che varia dal bianco al giallastro.
Tufo bianco formato di pomici bianco-giallicce caratteristico di Barano e Sant’Angelo. Dagli strati orizzontali della punta di S. Angelo.

IL DIMENSIONAMENTO

Queste strutture venivano dimensionate secondo rapporti specifici dettati dall’esperienza, tra la base del muro e l’altezza del terreno da sostenere, non è stato possibile ritrovare alcuna traccia scritta in merito ai rapporti utilizzati per il dimensionamento dei muri, ma da indagini effettuate su di un vasto campione di musi a secco analizzati è stato possibile risalire alle dimensioni tipiche dei muri a variare dell’altezza.

SINGOLO PARAMENTO DOPPIO PARAMENTO
h’ i H b B b B B1 B2 B3
m Grad m m m m m m m m
0,5 10 1 0,30 0,5 0,50 0,60 0,3 0,00 0,30
1,5 0,30 0,5 0,50 0,65 0,35 0,00 0,30
2 0,30 0,5 0,50 0,70 0,3 0,10 0,30
2,5 0,30 0,6 0,50 0,75 0,35 0,10 0,30
3 0,40 0,7 0,50 0,80 0,40 0,10 0,30
3,5 0,50 0,9 0,50 0,85 0,40 0,15 0,30
4 0,50 0,9 0,50 0,90 0,45 0,15 0,30
4,5 0,50 1,0 0,50 0,95 0,50 0,15 0,30
5 0,50 1,0 0,50 0,95 0,50 0,15 0,30
5,5 0,50 1,1 0,50 0,95 0,50 0,15 0,30
6 0,50 1,1 0,50 0,95 0,50 0,15 0,30

Come si evince dalla tabella la testa del muro, la scarpa e la profondità della fondazione restano pressoché uguali per tutti i muri.

IL DEGRADO E IL DISSESTO

Il degrado del muro è principalmente dovuto all’azione degli agenti atmosferici sulla particolare pietra locale, vento acqua e gelo vanno ad agire sullo strato superficiale della pietra determinandone via via il consumo.

Dopo aver osservato la particolare tecnica costruttiva si vanno ora a descrivere i principali dissesti facilmente riscontrabili su questi tipi di strutture dovuti essenzialmente alle azioni a cui i muri sono soggetti. Una parracina nella sua vita utile oltre a sostenere e contrastare l’azione del terreno di monte nonché il sovraccarico su di esso applicato, dovrà resistere anche all’azione idrostatica e di dilavamento dell’acqua piovana. L’azione idrostatica proporzionale alla profondità del terreno, dipende sia dall’intensità delle piogge che dalla permeabilità dello strato di copertura del terreno, questo tipo di strutture però permettono lo scolo delle acque piovane attraverso gli spazi lasciati tra una pietra e l’altra, questa aspetto riduce notevolmente la spinta idrostatica rispetto ad un muro pieno in muratura o in cemento armato, d’altro canto l’azione di dilavamento delle acque di scolo determina una variazione dell’assetto realizzato per garantire la monoliticità della struttura. Le pietre di una parracina vengono posizionate in maniera tale da fare in mondo che l’ingranamento meccanico e l’attrito generato tra le varie pietre garantisca alla struttura un assetto tale da contrastare la spinta di monte, l’azione lenta dovuta alla spinta del terreno ed all’erosione dell’acqua porta ad una variazione della configurazione iniziale delle pietre dando luogo ad assetti molto diversi da quello iniziale (spanciamenti) che comunque garantiscono un’azione di contrasto alla spinta di monte. L’eccessivo spanciamento di una porzione o della totale parracina indica il prossimo collasso della stessa, per cui queste configurazioni “deformate” sono indice dello stato di salute di una parracina.

A seconda della particolare azione preponderante agente sulla parete, le pietre assumeranno una configurazione deformata tale da rimanere in equilibrio per effetto dell’attrito e la forza peso generato tra le stesse tale da contrastare ancora per lungo tempo l’azione di spinta, non appena lo spostamento tra le pietre diventa tale da determinare l’assenza di una superficie di contatto tra le stesse si verifica il collasso del muro.

LA VERIFICA

Per quanto concerne il progetto e la verifica di queste opere, l’art.83 del testo unico dell’edilizia D.P.R. 380/2001 al comma 1, recita che, in zona sismica, le opere disciplinate dalla normativa antisismica sono :

“Tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità, da realizzarsi in zone dichiarate sismiche ai sensi dei commi 2 e 3 del presente articolo, sono disciplinate, oltre che dalle disposizioni di cui all’articolo 52, da specifiche norme tecniche emanate, anche per i loro aggiornamenti, con decreti del Ministro per le infrastrutture ed i trasporti, di concerto con il Ministro per l’interno, sentiti il Consiglio superiore dei lavori pubblici, il Consiglio nazionale delle ricerche e la Conferenza unificata“.
Quindi qualora l’opera interessi la pubblica incolumità, ed il comportamento del muro è assimilabile ad un elemento monolitico, dovrebbero essere effettuate le verifiche imposte dalle normative vigenti.

Note le azioni agenti sul manufatto, le normative impongono, per i muri con fondazioni superficiali le verifiche di stabilità di tipo geotecnico, con riferimento alle seguenti condizioni di equilibrio limite:

  • Ribaltamento ;
  • Scorrimento ;
  • Capacità portante ;
  • Stabilità globale .

Le azioni da considerare sono fornite dalla spinta del terrapieno a monte, dalle forze permanenti di natura gravitazionale, dalle azioni inerziali dovute all’effetto del sisma, associate alle masse del muro, del terreno e di eventuali carichi e sovraccarichi agenti.
In questo caso verranno effettuate esclusivamente le prime tre verifiche legata principalmente alle dimensioni geometriche dell’elemento di contenimento analizzato trascurando la verifica di stabilità globale che è legata anche a condizioni al contorno.
Le dimensioni rilevate dalle parracine tipiche isolane, verranno utilizzate per effettuare le verifiche imposte dalla normativa vigente, considerando che la realizzazione dell’opera sia tale da poter far assumere un comportamento monolitico del muro. La raccolta dei dati ha permesso di notare l’invarianza di alcuni parametri geometrici al variare dell’altezza del muro, in particolare per le verifiche si farà riferimento allo schema geometrico di seguito riportato in cui si considerano variabili esclusivamente la base e l’altezza del muro mentre le altre dimensioni restano fisse al variare dell’altezza del muro. Per tener conto di una eventuale fondazione viene considerato un ringrosso di 10 cm per entrambi i lati.

Le verifiche verranno effettuate facendo riferimento a parametri tipici dei terreni ischitani, di solito il primo strato di terreno (0 m – 1,80m) ad est dell’isola è caratterizzato da terreni piroclastici sabbiosi limosi ghiaiosi, pedogenizzati a tetto a cui corrispondono parametri geomeccanici piuttosto scadenti, che si sintetizzano di seguito:
Peso dell’unità di volume γ = 15,00 -17,00 KN/m3
Angolo di resistenza al taglio di picco φ’ = 27° -29°
Coesione c’ = nulla
Inclinazione del pendio a monte d =0°
Categoria B
Per tener conto delle diverse altezze riscontrate in fase di rilievo le tre verifiche sono state effettuate per mezzo di domini che rapportano l’altezza al valore della base che garantisce l’esito positivo della verifica. Nel diagramma seguente vengono riportate in maniera grafica l’esito delle verifiche al variare dell’altezza del muro e della base B.
Per quanto concerne la verifica a ribaltamento è stata applicata la combinazione EQU + M2 mentre per la verifica allo stato limite di scorrimento sul piano di posa e la verifica allo SLU di collasso per carico limite dell’insieme fondazione-terreno l’approccio A1 + M1 + R3. Vengono inoltre considerate anche le combinazioni SISMA + S2, nelle quali vengono considerate le forze pseudostatiche tramite i coefficienti KH e KV correlati allo spettro di riferimento del sito. In ultima battuta viene considerata una combinazione “SISMA” con coefficienti KH e KV nulli.

I punti verdi rappresentano i valori di momento resistenti associati alle dimensioni dei muri considerati, i risultati sono stati espressi in termini di rapporto B/b per tener conto delle diverse dimensioni riscontrate. Come si evince dai diagrammi mostrati per le diverse combinazioni analizzate, già per altezze superiori al metro e cinquanta le verifiche a non risultano soddisfatte, aumentando l’altezza si riscontra uno scostamento maggiore rispetto ai valori minimi richiesti da norma per il superamento delle verifiche.

CONCLUSIONI

Le parracine Ischitane rappresentano da anni opere ingegneristiche che hanno caratterizzato e caratterizzano il territorio isolano, utilizzate soprattutto per la coltivazione della vite il loro dimensionamento e la loro realizzazione è legata alla maestria locale e ad antiche tradizioni tramandate da padre in figlio. Oggigiorno sono in pochi i “maestri” capaci di realizzarne un’opera così tanto complessa da non richiede l’utilizzo di alcuno strumenti per incastrare le pietre l’una con l’altra a creare un paramento capace, con il solo peso proprio, di contrastare l’azione di monte. Le tipiche dimensioni rilevate su di un campione di parracine analizzate ha permesso di confrontare l’antica tecnica con le odierne normative tecniche vigenti. Non essendoci in norma specifiche in materia, le parracine sono state considerate, impropriamente, come strutture monolitiche e le verifiche condotte hanno mostrato una palese incompatibilità tra la tecnica locale e la normativa vigente.

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