Dopo ogni evento sismico o altro tipo di catastrofe naturale, l’uomo ha sempre cercato di trovare soluzioni innovative per garantire alle strutture una maggiore capacità di resistere a tali eventi. In Italia, territorio ad alta sismicità ci sono numerose testimonianze delle soluzioni adottate dall’uomo per fronteggiare tali tipi di catastrofi, basta far caso ai numerosi presidi antisismici (tiranti o barbacani) presenti i quasi tutti i centri storici. Ischia, non da meno, è ricca di soluzioni all’epoca innovative, utilizzate per garantire alle strutture un comportamento migliore rispetto a quanto realizzato prima di ogni evento, essendo un luogo con elevata sismicità. Un evento che ha certamente rivoluzionato il sistema costruttivo isolano si è verificato sul finire del secolo scorso. Il 28 luglio 1883, ore 21:30 circa, un terribile terremoto colpì l’isola di Ischia, con un’intensità all’incirca pari al X grado della scala MCS, e con magnitudo stimata compresa tra 4.3 e 5.2, ipocentro compreso tra 1 e 2 km ed epicentro situato nei pressi di piazza Maio, centro della zona residenziale del comune di Casamicciola, in particolar furono investiti i comuni di Casamicciola, Lacco Ameno e Forio. La scossa durò all’incirca 13 secondi, portando con sé morte e distruzione.
Gli effetti del terremoto furono differenti da comune a comune e ciò può essere spiegato dal fatto che l’isola è di origine vulcanica, nata per effetto di diverse eruzioni vulcaniche, alcune delle quali di natura esplosiva, come quella del tufo Verde verificatasi circa 55000 anni fa, avvenute fino a tempi recenti dal punto di vista geologico (nel 1302 d.C. vi è stata l’ultima eruzione che ha origine alla formazione della colata dell’Arso.), e la composizione stratigrafica, e quindi la geologia, è estremamente variegata, costituita da rocce vulcaniche, depositi franosi e rocce sedimentarie che danno luogo a caratteristiche geologiche molto diverse tra le diverse zone della stessa isola. Tali depositi franosi sono presenti in particolar modo lungo tutta la cintura che costeggia la parte più pendente del monte Epomeo (Monterone, Baiola, Fango, Maio, Cretaio), generando oltretutto dei significativi effetti di sito e quindi una maggiore vulnerabilità differente tra i due lati dell’isola, sul versante est, c’è la diffusa presenza di lava trachitica ben consolidata, mentre sul versante ovest troviamo depositi di terreni, il che implica una maggiore vulnerabilità sismica dato che un terreno meno addensato tende ad essere soggetto ad azioni amplificate.
Il costruito ischitano a quel tempo, come per il resto d’Italia, era caratterizzato da strutture in muratura, ad Ischia, in particolare, la pietra utilizzata era il tufo verde ischitano, una roccia dalle caratteristiche molto simi al tufo giallo ma più friabile. La tessitura era caotica per il ricorso a pietre non lavorate o lavorate su una sola faccia ed inoltre veniva utilizzata una malta povera di cemento con bassissime proprietà leganti, visto l’elevato costo del legante dovuto al trasporto sull’isola. Spesso, a causa degli elevati costi di costruzione, gli edifici non presentavano spessori murari adeguati a sopportare elevate azioni verticali (o si utilizzavano murature a sacco con paramenti murari sottili e spesso non collegati da diatoni), e quindi i solai venivano realizzati in legno leggeri in modo da non produrre elevate sollecitazioni, strutture quindi modeste con una bassissima resistenza alle azioni orizzontali (probabilmente il ricorso alla volta a Carusino, tipica delle costruzioni della parte orientale dell’isola, sia stata limitata o abolita del tutto nelle zone colpite dal sisma proprio in seguito al terremoto del 1883). La superficialità dell’evento, caratterizzato da elevate accelerazioni sugli edifici, l’inadeguata tecnica costruttiva dell’epoca ideata per resistere esclusivamente ai carichi verticali, e il già danno lieve prodotto sulle strutture dal terremoto di due anni prima 1881 (probabilmente il terremoto del 1881 produsse danni seri preparando la strada alla distruzione che si sarebbe verificata 2 anni dopo, causando già molti crolli e la morte di 124 persone a Casamicciola, 5 a Lacco Ameno), determinò nei comuni interessati la distruzione di parecchi edifici.

Casamicciola (4300 abitanti 672 case)
537 case crollate 134 danneggiate 1 illesa a Perrone
Lacco Ameno (1800 abitanti 389 case)
269 case crollate 102 danneggiate 18 illese
Forio (6800 abitanti 2713 vani abilitabili)
1344 vani crollati 977 danneggiate 392 illese
Serrara Fontana (2000 abitanti 1159 vani abilitabili)
65 vani crollati 937 danneggiate 121 illese
Barano (4600 abitanti 2639 vani abilitabili)
65 vani crollati 937 danneggiate 121 illese
Ischia (6600 abitanti )
Solo qualche fabbricato subì lievi lesioni

Numerosi furono gli scienziati del tempo che vennero sull’isola a studiare il particolare evento sismico, in particolare il sismologo e vulcanologo Giuseppe Mercalli, che anche grazie agli studi effettuati sull’isola riuscì poi, negli anni seguenti, ad ideare l’omonima scala che misura l’intensità macrosismica di un terremoto. Frutto di questi studi fu un piccolo opuscolo, reperibile presso l’archivio di stato di Napoli, dal titolo L’Isola D’Ischia, Terremoto del 28 Luglio 1883, nel quale Mercalli fornisce anche alcune indicazioni utili sia su dove che sul come ricostruire.

  1. Non fare nessuna costruzione nuova in muratura e neppure riattare quelle lesionate nei luoghi più danneggiati (Casamicciola alta, Casamonte, Pannella, Mezzavia, Monterone, Ciglio, ecc.);
  2. Non riattare le case e tantomeno le chiese gravemente lesionate in Panza Fiajano, Fontana, Moropane, Barano, Casamicciola marina, Lacco inferiore, Forio inferiore.
  3. Si dovrebbero abbattere tutti i secondi piani e terzi piani che vi sono in tutte le località.
  4. In tutti i paesi enumerati ai N. 1.° e 2.° non si facciano costruzioni nuove in muratura ordinaria, ma in legno od in ferro od almeno col sistema delle case baraccate quale è proposto nella Relazione degli ingegneri  Giordano e Cometto al Ministro Genala.
  5. Non si facciano nuove costruzioni neppure con il sistema baraccato sui terreni in pendio e presso il ciglio delle colline, quando il terreno è composto dai tufi e dalle marne poco resistenti e franosi.
  6. Non si facciano nuove costruzioni di nessuna sorta presso le spiagge del mare; perché, come accadde nella eruzione di Timeo succede frequentemente che in occasione di eruzioni o di violenti terremoti, il mare si rovesci sulla terra inondandola per un tratto più o meno lungo.

E sulla base di queste prescrizioni, ed indicazioni di menti illustri, fu redatto quello che fu uno dei riferimenti normativi più avanzati realizzati fino a quel momento, ossia il “Regolamento Edilizio per i Comuni dell’Isola di Ischia danneggiati dal Terremoto del 28 luglio 1883

Tale strumento era costituito da ben 5 capitoli:

  1. Capo I, Prescrizioni per le nuove costruzioni;
  2. Capo II, Zone pericolose;
  3. Capo III, Norme per fabbricati danneggiati e pericolanti;
  4. Capo IV, Commissione edilizia speciale;
  5. Capo V, Disposizioni transitorie e finali;

Per i comuni maggiormente colpiti fu elaborato in tempi brevissimi il Piano Regolatore, nel quale viene riportata la sistemazione planimetrica dei nuovi rioni delle baracche. È possibile vedere come il territorio veniva suddiviso in rioni, in particolare possiamo individuare per Casamicciola, Rione Umberto I, Rione Sanseverino e Rione Genala, per Lacco Ameno, Rione Genala (vicino chiesa S. Maria Restituta), Rione Depretis, Umberto I e Regina Margherita, mentre a Forio se ne possono individuare ben dieci rioni, Rione municipale, dei pescatori, Regina Margherita, il Genala, Umberto I, Depretis, Sanseverino, De Zerbi. Da tale piano si evince come l’organizzazione planimetrica fosse ben schematizzata, caratterizzata da un certo distacco tra i vari corpi, in modo da creare luogo sicuro in caso di nuovo terremoto, realizzando tra le baracche le strade principali e strade secondarie. Si fece riferimento a quanto accaduto in altri paesi terremotati, adottando quindi un sistema murario costituito da intelaiatura lignea, in grado di dissipare l’energia indotta dal terremoto, e conferire alle strutture in muratura un comportamento scatolare.
In realtà nel caso ischitano furono diverse le tecniche utilizzate per la ricostruzione, infatti si adottò una prima tecnica che prevedeva l’utilizzo esclusivamente di legno per la realizzazione di nuove abitazioni provvisorie e/o definitive, favorendo una più rapida costruzione, sebbene si trattasse solo di case provvisorie esse non furono viste positivamente e quindi si passò ad una nuova forma costruttiva che prevedeva appunto una intelaiatura lignea, che non aveva una geometria unica, ma variava la propria configurazione. Ciò nonostante non mancarono imprenditori che fornirono alternative costruttive, che a parer loro, in alcuni casi, erano ben più adeguate rispetto alle baracche previste per la ricostruzione. Con il terremoto di Ischia, venne redatto anche il primo documento ben dettagliato che trattava argomenti antisismici, ed in particolare, fu data la possibilità di realizzare case in completa muratura a patto di limitarne l’altezza. Nei prossimi paragrafi entreremo nel dettaglio su quanto detto finora.

IL SISTEMA BARACCATO

L’utilizzo di sistemi costruttivi ad intelaiatura lignea per la difesa da azioni sismiche degli edifici ha origini antiche. Esempi sono ritrovabili già in età minoica, come a Knossos e Phestos, risalenti al 2130-2110 a.C., ma anche ad Akrotiri e Thera, in cui troviamo presenza di edifici multipiano risalenti al XVII secolo a.C..
In realtà in Italia, l’utilizzo di questa tecnica costruttiva era già stato utilizzato nel XV secolo a.C., in aree di cultura Enotria, comprendente le attuali Campania meridionale, parte della Basilicata e la Calabria, sono stati rinvenuti modellini di edifici in terracotta, in cui veniva riprodotta intelaiatura lignea, con controventi a croci di sant’Andrea. Inoltre, è stata la tecnica costruttiva più utilizzata e diffusa in età medievale. Il sistema, proprio grazie ai “consigli di Mercalli” fu utilizzato ad Ischia nelle fasi di ricostruzione post sisma. Per la realizzazione della baraccatura in legno, furono generalmente utilizzati il castagno e l’abete, la scelta non fu casuale, in effetti il castagno era l’unico “legno forte” presente sull’isola ed inoltre era da tempo utilizzato nella carpenteria napoletana, il problema era che gli elementi in castagno avevano un costo elevato, ed inoltre anche se in alcuni casi avevano durata secolare in altri era evidente il danneggiamento dovuto al tarlo.  Per tale motivo invece del castagno, il cui uso fu comunque incontrastato nella realizzazione di porte e finestre, per i tavolati, si impiegò anche l’abete. Di questa tipologia di legno erano presenti sul mercato due differenti qualità: quella di ‘Calabria’ proveniente dalla omonima regione e dalle zone interne della Campania, e quella di ‘Trieste’ denominazione con la quale invece si indicò il materiale proveniente dal Triveneto e dai paesi dell’Est europeo. Delle suddette qualità, per la realizzazione dell’ossatura delle pareti e per le travi degli orizzontamenti fu adoperato l’abete di Calabria perché di più facile reperibilità, di minor costo e perché dotato di fibre più compatte di quello triestino.

Tecnologia costruttiva

Il sistema costruttivo prevedeva un’ossatura principale in legno formata da elementi verticali (ritti) ed elementi orizzontali (traversi):
I ritti principali, di dimensioni tra i 15 e i 20 cm di lato, posizionati nei cantonali degli edifici ed in ogni incrocio con pareti perimetrali o di separazione interna,
I traversi, di simili dimensioni posti in corrispondenza dei due orizzontamenti e del piano di gronda.
Tra gli elementi che costituivano la struttura principale veniva disposta quella secondaria, composta anch’essa da elementi lignei verticali e orizzontali che venivano fissati all’ossatura primaria mediante collegamenti a tenone e mortasa oppure ponendo in mutuo contrasto i pezzi e collegandoli tra loro con staffe con squadri metallici fissati con chiodi oppure, con semplici chiodature.
Per le fondazioni, venivano adottati due tipologie specifiche:
La prima tipologia prevedeva che i ritti principali, di altezza tale da raggiungere il piano di gronda venissero ben conficcati nel terreno ed annegati per un tratto nell’elemento di fondazione, su quest’ultima era poi appoggiato un primo traverso interrotto in corrispondenza dei montanti principali e ad essi fissato, per supportare le sollecitazioni indotte dalla struttura secondaria.
Nel secondo sistema, l’estradosso della fondazione in muratura (platea, trave continua) era assunto come piano di posa dell’intera baraccatura, con un corrente di base, all’epoca denominato “renaio inferiore”, non interrotto in corrispondenza dei ritti che fungeva da elemento di appoggio sia per l’ossatura principale che per quella secondaria. Col primo sistema si sono realizzate delle palazzine nel rione Regina Margherita a Casamicciola, del secondo alcune case del rione Genala a Lacco Ameno.
In alcuni casi i ritti non raggiungevano il piano di gronda, pertanto a livello dell’interpiano la baraccatura presentava un traverso principale su cui poggiavano i travetti lignei dell’impalcato. ln presenza, invece, di ritti interrotti in corrispondenza dell’elemento di calpestio intermedio, il corrente superiore, chiudeva dall’alto la griglia strutturale del primo piano fuori terra, sorreggendo i travetti del l’impalcatura e fungendo allo stesso tempo da base per la baraccatura del piano superiore. I travetti dell’unico solaio intermedio generalmente presente erano posti ad un interasse compreso tra 80-120 cm, con luci correnti (4.00-4.50 m) ed hanno dimensioni di 10×15 cm circa. Ad essi era fissato il sistema di tavole di castagno sul quale venivano realizzati il lastrico d’intersuolo e la pavimentazione di quadroni d’argilla. Realizzata la baraccatura del primo piano allo stesso modo di quella del piano terra, una trave di coronamento generalmente chiudeva in corrispondenza del piano di gronda e allo stesso tempo fungeva da elemento di appoggio per le incavallature del tetto. Su tale trave, scaricavano i travetti dell’elemento di calpestio del sottotetto i quali, sopportano il normale carico dell’impalcato e fungono anche da catena per le capriate. La pavimentazione era posta al primo calpestio dove un battuto di circa 8 cm di spessore chiudeva superiormente il vespaio di pietrame a secco oppure copriva le volte del piano interrato. Le capriate, solitamente semplici e a spinta eliminata, sono generalmente coperte con un tavolato di castagno, o di abete, sul quale, direttamente o su correntini ad esso sovrapposti, è fissata la lamiera ondulata galvanizzata, in alternativa utilizzo di tegole di Marsiglia che risultano essere saldamente fissate al supporto. Un tavolato di castagno, ordito ortogonalmente ai travetti e ad essi fissato, costituisce di solito la base dell’elemento di calpestio del sottotetto. Sulle tavole, spesse dai 3 ai 5 cm, è realizzato, un massetto battuto di lapillo e calce su cui risulta posata con malta di calce la pavimentazione di elementi d’argilla. Tuttavia, è possibile trovare casi in cui tale pavimentazione è posata direttamente sul tavolato mediante malta di calce e pozzolana.

Configurazione Telaio

Circa la configurazione dei telai lignei compresi nelle murature, sono state individuate quattro diverse geometrie nel posizionamento degli elementi.
Nel sistema baraccato l’indeformabilità dell’intera struttura portante era raggiunta rendendo quanto più possibile indeformabili le maglie che la componevano, l’esempio più semplice e con un livello prestazionale più basso è dato dagli edifici con pareti intelaiate dove i riquadri della struttura sono definiti da soli ritti e traversi ed alla muratura compresa nelle campiture è affidato il compito di contrastare, con bielle compresse, l’effetto delle forze orizzontali e sismiche. In altri casi l’azione di contrasto alle forze sismiche e di irrigidimento del sistema risulta invece affidata ad uno o due elementi controventanti, ciascuno dei quali abbraccia più campiture. Il più diffuso tipo di disposizione dei legni all’interno della maglia strutturale è quello alla beneventana, secondo il quale ogni campitura è caratterizzata da ben due elementi controventanti posti a croce di S. Andrea lungo le diagonali, in modo da rendere massima l’azione di contrasto della parete nei confronti delle forze orizzontali e, data la riduzione delle dimensioni degli interspazi, consente la migliore solidalizzazione delle parti lignee con quelle in muratura.
La baraccatura risultava completamente inglobata nella muratura di tufo e la solidalizzazione degli elementi della parete d’ambito era affidata alla presenza di conci lapidei a tutto spessore opportunamente sagomati e disposti a cavallo degli elementi lignei. Oltre che in asse alla parete, la baraccatura poteva essere posizionata a filo con una delle superfici libere dell’elemento di chiusura d’ambito. Anche qui sussistono una struttura principale ed una secondaria ma, a differenza della disposizione canonica, quest’ultima è spostata sul filo interno della parete d’ambito così da permettere la posa in opera di una incannucciata o di un tavolato, fissati direttamente ai ritti.

Le connessioni

Le varie tipologie di strutture baraccate sono accomunate dal tipo di connessioni, in figura le varie tipologie di collegamento tra i vari elementi che costituiscono il sistema intelaiato, costituito da ritti e traverse.
Inoltre, gli incontri tra le diagonali, e tra le diagonali ed eventuali traverse intermedie sono realizzati con connessioni ‘a metà legno’, in pratica, le estremità degli elementi sono generalmente incastrate e/o chiodate ai ritti ed ai traversi con connessioni ‘a dente’.

Tramezzi

Le campiture degli elementi di partizione interna sono generalmente riempite di materiale lapideo che è strettamente contenuto entro lo spessore del telaio ligneo ed è rivestito di intonaco.Tale modo di realizzare le tramezzature, a causa del differente comportamento elastico della struttura lignea rispetto a quello dello strato di intonaco, comporta la presenza di lesioni che segnano sulle superfici a vista l’andamento della sottostante ossatura. Data l’esigenza di limitare la presenza di carichi superflui, gli elementi di partizione potevano essere realizzati in modo diverso, ad esempio, lasciando vuote le campiture  mentre le facce dell’ossatura erano rivestite da tavolati (di castagno o di abete), oppure da intonaco su incannucciata o su listellato. A fronte della baraccatura lignea, generalmente adoperata per gli edifici residenziali privati, Il Regolamento Edilizio prevedeva il ricorso alla baraccatura metallica per l’edilizia pubblica e per tutti quei casi in cui particolari esigenze richiedevano più alti livelli di sicurezza antisismica. Dato però l’alto costo degli elementi metallici e la necessità di dover ricorrere a maestranze specializzate, la realizzazione di tali edifici fu estremamente rara.

Comportamento Dinamico

A seconda della posizione e della tipologia del telaio si può osservare una riposta differente alle azioni dinamiche. In un sistema baraccato coesistono due diversi materiali sia per natura che per caratteristiche meccaniche, uno rigido con una elevata resistenza a compressione e una bassissima resistenza a trazione (muratura), ed un con una più bassa rigidezza ma con una resistenza a trazione decisamente superiore (legno o acciaio). Il sistema così come è stato congeniato dovrebbe essere in grado di sfruttare a meglio le peculiarità dei due materiali:
le azioni di compressione dovute ai pesi propri, i carichi e gli incrementi dovute alle azioni sismiche affidati alla muratura;
mentre le trazioni dovute principalmente alle azioni sismiche affidate al telaio.
In questo sistema composto il telaio assume una funzione trascurabile (almeno i telai perimetrali) per le azioni statiche, mentre diventa il sistema portante per le azioni dinamiche quando vengono raggiunti valori di trazioni nella muratura non più trascurabili. Il telaio, costituito da aste orizzontali, verticali e inclinate sollecitate principalmente da azioni assiali, interagisce con la parte in muratura per mezzo di legnami attritivi e dell’ingranamento tra lo stesso e la muratura. Il comportamento dinamico di questo tipo di strutture è anche influenzato dalla tessitura muraria, la dimensione e forma degli elementi infatti permette o meno di portare parte delle sollecitazioni di trazione per effetto dell’ingranamento meccanico tra gli elementi lapidei che caratterizzano la muratura. Le diverse strutture presenti sul territorio del comune di Casamicciola Terme, edificate a seguito del terremoto del 1883, hanno subito un diverso grado di danneggiamento a seconda della vicinanza dall’epicentro.

Le strutture baraccate situate nella parte bassa del comune, denominata Marina, hanno subito lesioni molto leggere riconducibili ad uno spostamento differenziale tra muratura e telaio in legno dovuti anche al pessimo stato di conservazione, diverso è stato il comportamento delle strutture con una manutenzione migliore che non hanno presentato alcun tipo di lesione. Man mano che ci si avvicina a piazza Maio si osservano lesioni sempre maggiori dovute al diverso comportamento dei due materiali con espulsioni locali di muratura. I danni maggiori, come per il resto degli edifici, si sono riscontrati nella parte alta del comune nei pressi di piazza Maio, le elevate accelerazioni registrate hanno determinato collassi locali della porzione in muratura della struttura portando alla luce il vecchio telaio presente da oltre 100 anni, che seppur presentando gli evidenti segni del tempo, ha ben funzionato e scongiurato il collasso della struttura. Diverso il comportamento della chiesa Santa Maria Maddalena Penitente, che pur ubicata nei pressi dell’epicentro, ha avuto danni leggeri per la buona fattura della costruzione sia in termini di muratura (muratura regolare costituita da blocchi squadrati in tufo giallo) sia per la presenza di un telaio in acciaio, innovativo soprattutto per gli inizi del 900 è il campanile in alluminio di questa chiesa.

CONCLUSIONI

Da sempre isola sismica, Ischia e in particolare Casamicciola Terme, Lacco Ameno e Forio ha ricercato tecniche innovative per dotare gli edifici di caratteristiche tali da resistere alle azioni sismiche. Il terremoto del 1883 è di certo l’evento sismico più importate che ha interessato l’isola, molti furono gli scienziati che vennero sul territorio a studiare questo evento, tra i tanti il geologo Giuseppe Mercalli, che grazie anche agli studi condotti sull’isola riuscì a redigere l’omonima scala che misura l’intensità del terremoto dall’osservazione dei danni che esso produce sulla superficie terrestre, scala appropriata per misurare gli eventi sismici isolani di natura principalmente vulcanica caratterizzati da magnitudo basse e ipocentro superficiale. Frutto di questi studi fu anche un piccolo opuscolo, nel quale Mercalli fornisce anche alcune indicazioni utili sia su dove che sul come ricostruire, consigli grazie ai quali le costruzioni isolane hanno rappresentato per buona parte del 900 l’avanguardia delle costruzioni antisismiche italiane e sono state in grado, nonostante l’età, di resistere alle azioni sismiche generate dal terremoto del 21 agosto 2017. Riusciranno i tecnici, gli uomini di oggi ad almeno uguagliare quanto fatto nel passato?

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